Al mattino in primavera è il primo a cantare,
nero come la pece con il suo becco color Tarocco,
fischia, chiama, con le sue mille voci,
ch’io penso canti di mondi visti e di quelli da vedere,
sono le quattro, in cammino il tempo verso l’alba…
Lontano sento voci berciare,
qualcuno ha cercato felicità fino a tardi…
In punta di piedi…
Trattengo il respiro…
Che non voli via…

“Canta ancora per me, per favore…
E poi canta ancora una volta”

Che io possa sognare il tuo canto domani,
come fosse ancora ieri.
E’ il merlo nero che chiamo Gattocellulare…
Beh, si certo… Fa un po’ ridere con quel nome
ma dovete credermi, tra quelle mille voci
ci sono un gatto e un telefono.
Alla fine spicca il volo e non credereste quanto veloce parta,
s’impenni, ridiscenda e scompaia,
tra le siepi, dietro una casa.

Quando ancora sveglio, cercando anche io la felicità fino a tardi,
trattengo per un istante il mio respiro per rubare quel canto,
penso a quante volte ho alzato la voce senza motivo fino ad odiarmi allo specchio.

Ora il tempo è andato e…
Se non si è medium, non si rimedia a certi errori,
allora guardo dal balcone ciò che resta del mio mondo e…
Aspetto Gattocellulare fino alle quattro,
un’ altra volta,
un altro giorno,
posarsi sul lampione qui di fronte…
Aspetto il suo canto…

Magari domani andrò a dormire prima…
Magari domani.