Siamo come Hotel a camere distanti
cercando per ogni parola
comportamenti soli.

D’unica insana follia presente,
come navi, in cammino perenne,
fuse nella mente,

navi vuote, navi per ogni rotta,
giganteggiano d’odio,
tra smorfie e abbracci morti.

Tornano ad affacciarsi,
non di meno,
tra le note di un diario

e da una vita rimasta,
sensazioni immobili,
tra compagni di bevute,

tra un respiro triste o felice
di passato e buio
senza vedere altro.

Prendo esempio
prendo spunto,
domani è domani non chiamare.

Nel limpido cielo
del convinto
forse sono ancora io

allora fanne, di ciò che vale
e del tempo,
un secchio intero e gettalo,

oppure no.
Ascolta, grilli di campo,
del nascondino passato

tra campanelli e sitar
piatti vuoti
tovaglie e lenzuola.

Siamo una forchetta, strisciata sull’asfalto
per ferire a caso,
rimanendo liberi come alberi.

Siamo anime e cuori gettati
tra macchine da adulti
nel parcheggio sbagliato

siamo Pupazzi e Bambole,
Pupazzi e Bambole…

Senza soluzioni innocenti
senza vite coerenti
strappati… Eviscerati…
Mischiati…
Come gambe e braccia
di Pupazzi e Bambole…

Pupazzi e Bambole.