Condizioni immobili,
ponendo veti instabili
l’acqua scorre
da un rubinetto cola
in giù nell’infinito,
tocca e suona,
goccia a goccia,
compagna del tempo,
tic tac fuori sync
in un secondo che non quadra.

Nella casa,
nel rumore vuoto,
l’edera s’aggrappa lenta
inesorabile
s’appropria del nulla
s’innalza poi scende,
risale,
piano,
nasconde una sedia
un tavolo

quadri crea
mischiando foglie,
si fa spazio tra ricordi,
tra foto abbandonate
tra valige mai viaggiate,
muove
per i cassetti
prendendosi l’armadio
un pensiero,
poi una radio

cercavo nella stanza
un profumo
cercavo l’ansia
e ‘l perdono
un motivo
l’assurdo, il goliardo
un sorriso
le tue mani

nell’edera, dipinto,
trovo un viso,
scherzo d’occhi stanchi
inganno un po’ beffardo,
e mi trascino antico
ancora in quella stanza,
e nel dolore
che sembra così immortale,
solo un tralcio d’edera,
si piega e rimane.