Il Veterinario degli Zombie è il mestiere che da sempre ha esercitato su di me un enorme fascino.
Mia nonna, quando ormai già in età adulta frequentavo gli studi classici qui in Italia, mi aveva confidato un giorno che alla solita stupida domanda di alcuni parenti:
“…Cosa vuoi fare da grande?” Io senza pensarci un attimo avevo risposto di getto: “Il Veteninanio dei Tsompi” con un sorrisetto sbarazzino dato dalla innocenza dei miei quattro anni.
Fu così che dopo aver ultimato gli studi classici feci richiesta di ammissione presso la University of Haiti, ed in conseguenza di ciò, mi vidi costretto nell’autunno del 1986 a salutare la famiglia e gli amici più cari e trasferirmi in un bilocale alla periferia Ovest di Port au Prince.
Vi confesso che appena arrivato molti furono i sacrifici che dovetti fare e ancora oggi quando sento parlare di Riso con fagioli scoppio in un liberatorio: “No per me no grazie“
Nel 1991 ottenni la laurea in “Médecine Vétérinaire Appliquée aux Zombies” (Medicina Veterinaria Applicata agli Zombie – MVAZ) e nel 1992 partecipai ad un Master a scopo psicologico, per pura passione: “la douleur d’être un zombie” (Il dolore di essere uno zombie).
Vorrei potervi parlare per ore delle mille esperienze avute grazie al mio lavoro, ma mi soffermerò esclusivamente su una di esse che reputo come quella che più di tutte mi ha aiutato a considerare i fatti della vita come elementi collegati da invisibili fili, pregni di quella cosa che a me piace chiamare destino e non come eventi meramente scollegati tra loro.
Era uno di quei primi giorni dell’anno che si trascinava lento forse un 13 di Gennaio del ’94, temperatura ottima, vestito di una maglietta bianca a maniche corte guidavo con malcelata alterigia la mia Zundapp Z22 percorrendo alcune delle “sterrate” nei dintorni della capitale Port au Prince, quando il mio assistente mi raggiunse trafelato e mi disse che uno degli zombie che lavoravano nelle campagne era inspiegabilmente tornato a vivere e aveva deciso di scioperare.
Ricordo di aver inarcato entrambe le sopracciglia, ed immaginando uno scherzo mi diressi a cuor leggero verso il luogo dell’avvenimento.
Non appena arrivato ebbi immediatamente a ricredermi, infatti, notai, oltre al solito spettacolo delle centinaia di migliaia di zombie a lavoro nei campi sotto al sole battente, una figura seduta su di una pietra appena sotto ad un grande albero di Cacao che svettava ben oltre i classici 4 – 8 metri delle piantagioni standard, a braccia incrociate era li fermo e ci fissava.
Le mie conoscenze mediche erano limitate ai cosiddetti “Zombie” o “Morti viventi” quindi prima di avvicinarmi chiesi a mensieur Duvalier Direttore della piantagione che nel frattempo mi aveva raggiunto a circa venti metri di distanza dall’albero, se ci fossero stati dei segnali premonitori o qualsiasi cosa che avesse lasciato presagire tale evento.
“Nulla Dottore… era uno zombie normale fino a 3-4 ore fa” Mi disse lui asciugandosi la fronte con un
fazzoletto di cotone bianco e poi aggiunse: “Dottore faccia qualcosa… e la prego, mi dica… può essere contagioso?“
“Non lo so… ma adesso mi lasci fare il mio lavoro” Dissi io, allargando il mio braccio destro come per allontanarlo, e facendo questo presi ad avvicinarmi lentamente alla figura seduta sotto all’albero di Cacao.
Arrivato a circa 5 metri mi resi conto con orrore che lo Zombie era vivo e mi guardava con occhi svegli.
“Lei è Dottore?” Disse lo zombie vivo, rompendo il silenzio
“Si…” Risposi io, pensando immediatamente (Oh mamma mia uno zombie che parla)
“Dottore io sono stanco io non voglio più essere zombie e sono pronto a scioperare fino a che non sarà riconosciuto il mio essere Vivo ed il mio diritto a pensare“
Tornai immediatamente indietro dal Direttore della piantagione lui mi guardò e senza nascondere la sua preoccupazione mi chiese:
“Allora Dottore?“
Io gli risposi con una frase che mensieur Duvalier non avrebbe mai voluto sentire
“Ha detto che vuole scioperare“
“Che cosaaaaa!?!“
“Ha detto che vuole che gli sia riconosciuta la condizione di essere in vita ed il suo diritto a pensare e che sciopererà fino a che questo non avvenga“
“Lei pensa che questa condizione possa essere contagiosa?” Mi chiese
“Mi dispiace Mensieur Duvalier, non lo so, durante i miei studi non mi è mai capitato un caso così grave“
Françoise Duvalier allora gettò a terra con stizza il suo fazzoletto bianco e si avviò a passi decisi verso lo Zombie
Uno sparo riecheggiò in quella calda giornata seguito dal tonfo sordo di un corpo caduto a terra.
“Dottore le posso offrire un Rum?“
Io per un momento pensai al concatenarsi di tutti gli eventi che mi avevano portato ad essere lì in quel momento… E in un istante tutto mi fu chiaro…
Poi dissi
“Marca Clairin?“
“Ma certo… Rum Clairin, lo spirito di Haiti” Disse mensieur Duvalier accennando ad un sorriso mentre rinfoderava la sua Mauser HSc, poi raccolse il fazzoletto da terra e prese a pulire distrattamente una goccia di sangue dal quadrante del suo orologio.
“Uno solo però ..” Lo incalzai sorridendo
“Ma certo Dottore uno solo…“
“…Forse…“