Ho scelto il vestito grigio, quello con il gilè nero,
metto la camicia bianca, quella con i gemelli dorati, calzini neri e le scarpe classiche, un mocassino “Duilio” che ho ripassato con il lucido nero a spazzola, come si faceva una volta… Cioè…
Ho dato fuoco al lucido contenuto nella base della scatolina tonda, poi l’ho richiusa, con il suo bel coperchio, andando a togliere l’ossigeno, per fare in modo che si spegnesse,
perché una volta scaldato, il lucido, si scioglie e si stende in maniera più uniforme.
La giornata è grigia, il cielo è un soffitto plumbeo, uniforme, che non lascia passare neanche la speranza.
La macchina l’ho parcheggiata distante e ne approfitto per passeggiare lentamente… Passo a passo d’ogni passo…
La chiusura centralizzata non funziona, infilo la chiave e giro… Apro lo sportello, salgo, mi siedo e sospiro…
Non devo passare a prendere nessuno…
Ognuno oggi con i propri pensieri, ognuno con i suoi cazzi…
Ognuno per proprio conto.
Metto in moto, esco dal parcheggio e mi infilo nel traffico, guardo distrattamente gli alberi…
E gli alberi sembrano ricambiare quello sguardo distratto…
Accendo la radio… Per non pensare, ma parte…
Perfect day dei The Constellations…
Dentro di me faccio un sorriso corto, che finisce lì…
Spengo.
Parcheggio…
Mi avvio lungo un Viale, sul marciapiedi seguo per un po’ la corrente dei “Camminanti”…
I Camminanti, quegli sconosciuti che sfioriamo durante il nostro andare, intenti a vivere le loro vite… Portano con loro i nomi, le storie, i problemi, le ansie, i perché… Tutto nascosto agli occhi di tutti… A volte, con tutta quell’umanità sciolta, libera di passeggiare, libera di andare… Mi sembra di ascoltare il rumore del Circo…
Un Bar…
“Una Grappa grazie”
E mi riaffaccio alla vita con un altro pensiero…
Nelle cuffie suona Spectrum di Zedd e sono “ammortizzato”…
Quando sono “ammortizzato” nulla di ciò che potrebbe colpirmi mi ferirà…
Eccomi alle prime scale di “Santa Maria Qualcosa“
Le salgo lentamente, guardandomi le scarpe con lo sguardo basso… Vedo altre scarpe salire alla mia destra…
Scarpe di vernice nera con il tacco… Forse un 37… Calze nere… Con la riga…
Tic.. Tac… Tic… Tac… Fanno nel silenzio della navata… Tic… Tac… Tic… Tac…
Entro dentro, non siamo tanti… Tra i banchi semivuoti non mi sembra di riconoscere nessuno…
Ma non sono mai stato bravo con le facce…
E poi non mi va di guardarli troppo a lungo, sono tutti grigi…
Il prete va veloce, probabilmente dopo c’è un altro “cliente” in coda…
<< Qualcuno vuole dire due parole?>>
Dice guardandoci tutti…
Mi alzo… Ero dietro… Cammino fino in fondo…
Il prete mi lascia il posto…
Per un momento guardo quei visi…
Faccio un respiro…
Soffio fuori vapori di grappa…
Poi inizio…
“Ma che cazzo di destino del cazzo… Ma chi l’ha deciso… Voglio dire… Chi cazzo ha deciso che dobbiamo nascere vivere e morire? Chi Cazzo l’ha deciso… Illuderci… Di un’illusione pura, fanciullesca e poi toglierci tutto, così d’improvviso…
Quale sadico regista immaginerebbe questa terrificante storia inventandosi gli uomini e la loro vita?
Ma che davvero davvero?… Lottiamo per nascere… <<Partorirai con dolore…>> …
Poi, lottiamo per sopravvivere avviandoci però verso una morte incontestabile, inoppugnabile, insindacabile… Inappellabile…
Mi viene da dire… Ma che cazzo… E lo ripeto… Ma c-h-e c-a-z-z-o…
No prete… Non mi dica niente… Voi non avete gli strumenti… Non ce l’ho con lei ce l’ho con il suo “negozio”…
Voi non siete più al passo con i tempi… La vostra linea internet, per usare un eufemismo, è troppo lenta… Terribilmente lenta… Prete…
Siete obsoleti come un vecchio computer IBM, la gente vuole delle risposte… Dov’è questo cazzo di Paradiso?… Prete?
Dov’è…
Dov’è il posto dove è andata questa giovane ragazza? Preteeee? Nel pieno della sua vita… Rispondi cazzo…
E se non hai risposte credibili, allora…
Allora chiudi questo cazzo di negozio una volta per tutte…
Smettetela di illudere le persone…”
Sono fermo… Ansimante, leggermente piegato in avanti, le mani, poggiate sul leggio, tremano fastidiosamente…
I pochi presenti… Mi guardano…
Nel silenzio pochi rumori…
Un cigolio di legno a metà navata e un bambino ai primi banchi che mastica una gomma a bocca aperta, ha una riga di moccio giallastra, che gli scende dal naso…
Il prete si alza e mi raggiunge… E’ dietro di me…
Ad un orecchio mi sussurra:
“Ma quale ragazza giovane…”
Ed indicandomi la bara marrone sulla quale è posata la corona con su scritto:
Ciao Nonno, i tuoi nipoti…
Mi dice:
“Questo è il funerale Baldacci…”
Mi sento gelare, ed improvvisamente mi rendo conto di aver sudato abbondantemente durante il mio breve discorso.
E sussurrando aggiunge:
“Il signore aveva 97 anni…”
“Si prete, capisco… Ma questo non ti autorizza a sentirti meno colpevole”
“Ma mica l’ho ammazzato io” Mi ringhia in un sussurro a denti stretti.
“Si vabbè, Vabbè …”
Allora mi sono avvicinato al microfono e con un filo di voce ho detto:
“Scusate, ho sbagliato funerale…”
Poi, faccio, per andarmene… Due passi lungo la navata,
ma ci ripenso…
Torno indietro e al microfono dico:
“Ho sbagliato funerale… Però avete capito quello che volevo dire… No?”
Non aspetto risposte…
Uscendo incrocio un ritardatario che sale le scale in fretta e furia, mi ferma…
“E’ finita?”
Mi chiede.
“Da un pezzo…” Rispondo io con un sorriso…
“Peccato…” Dice e aggiunge:
“Lei è un parente?”
“No… Passavo”